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Alberto Baraghini e il moltiplicatore identitario

Inserito nella “linea” Apache Manifatture teatrali milanesi del Teatro Litta, Alberto Baraghini porta il suo Moltiplicatore nello spazio romano di Carrozzerie n.o.t. Recensione

Foto di Giorgio Termini
Foto di Giorgio Termini

«Per il teatro, escludere queste realtà costituisce un peccato mortale, e la ragione principale del suo isolamento». Tranchant è l’intento di Apache Manifatture teatrali milanesi, iniziativa del Teatro Litta che da tre anni propone «non una stagione, non una rassegna, ma una linea» per legare insieme progetti di sperimentazione, di contaminazione e di rischio, embrioni di lavoro che devono permettersi di provare per poter maturare, crescere e poi “uscire dalle riserve”. A partire dal mese di gennaio sono state sei le prime milanesi che quest’anno si sono aperte all’Europa e al panorama internazionale, coproducendo due compagnie: il Collettivo Corps Citoyen con sede a Tunisi e notfoundyet con base in Austria. Due le partnership, una che vede la collaborazione del BRUT di Vienna – tra i centri teatrali più all’avanguardia nella performing art – e l’altra in ambito italiano con lo spazio di Carrozzerie n.o.t., già conosciuto in queste pagine e che aggiunge così un altro tassello alla «struttura».

Foto di Giorgio Termini
Foto di Giorgio Termini

Moltiplicatore di Alberto Baraghini, tra i sei progetti di Apache, è stato ospitato lo scorso weekend nello spazio romano di via Castaldi. Una sorta di debutto capitolino per uno spettacolo alla terza. Sì perché l’idea che sostiene questo lavoro è proprio quella di creare un contenitore performativo in cui intervengano «3 coppie di autori e direttori, per 3 monologhi inesatti; 3 fenomeni teatrali intorno al macro concetto di identità». La scrittura di Matteo Salimbeni per la regia di Simona Rinaldo; Eugenio Alberti Schatz per Rajeev Badhan e Margarita Egorova con la regia di Fulvio Vanacore. Autori e registi per un unico performer, Baraghini, nel ruolo sia di ideatore che di unico attore in scena, sul cui corpo sono state plasmate altrettante diverse scritture e drammaturgie. Un’identità data che sostiene a sua volta la multiformità di ulteriori e potenziali identità: l’uomo solo alla ricerca di un fratello da costruirsi, il goffo self-made man che attraverso il posto di lavoro cerca di trovare posto a sé stesso e il figlio “schizzato” perché oppresso dalla morbosità dei genitori.

moltiplicatore 3
Foto di Giorgio Termini

Se l’idea originale sembra anticipare quella sperimentazione testuale, registica e quindi anche fisica (nella misura in cui i relativi autori hanno a tutti gli effetti un “corpo” a disposizione), tuttavia a livello drammaturgico e di visione d’insieme delle “tre identità”, parrebbe più corretto parlare di addizione e non di moltiplicazione. Le tre partiture si sommano infatti l’una sull’altra senza che ci sia una chiarezza e pulizia registica e attoriale tale per cui esse possano sì differire ma essere organicamente percepite come lavoro d’insieme; è la differenza il nodo drammaturgico sul quale il performer, diretto dagli autori, avrebbe dovuto insistere con incisiva densità. Proprio sullo scarto tra un “personaggio” e l’altro sarebbe dovuta avvenire quella moltiplicazione identitaria che si prefigge il titolo stesso, la quale purtroppo si blocca in una tirata monologante e dai contorni troppo poco decisi.
Moltiplicatore soffre, forse in maniera prevedibile, nell’essere una creatura sulla quale sono stati indirizzati troppi e molteplici sguardi. Anche se lodevole nell’ideazione e confluenza d’intenti, la scrittura, e in questo caso anche la regia, collettiva, hanno distratto il processo creativo, dal quale è derivato un lavoro che sembra agitato al proprio interno da confuse spinte, non in grado di delinearsi con la dovuta precisione per essere poi inserite in un’unità organica. Senza dubbio nascono come tre lavori distinti ma bisogna tener conto che sono fruiti dallo spettatore in un’unica durata temporale e sopratutto come un unico spettacolo.

Tale precarietà è probabilmente insita nella programmazione di Apache che come già anticipato fa propria l’idea dello sbaglio alla luce della ricerca, per questo ci auspichiamo che tali “debolezze” possano essere ripensate come stimolatori, fautori di domande e ripensamenti per una scrittura decisamente più moltiplicata.

Lucia Medri

 

Visto a Carrozzerie N.O.T., Roma – giugno 2016

MOLTIPLICATORE
Da un’idea di Alberto Baraghini
Matteo Salimbeni X Simona Rinaldo – Eugenio Alberti Schatz X Rajeev Badhan – Margarita Egorova X Fulvio Vanacore
con Alberto Baraghini
con il sostegno di APACHE – Manifatture Teatrali Milanesi

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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