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Taccuino critico. Shenzhen significa inferno, Letizia Forever, Echoes

Tra le molteplici offerte teatrali, sul Taccuino Critico si appuntano segni di sguardi diversi che rispondono a un’unica necessità: osservare, testimoniare, dar conto dell’espressione pura, del piccolo e grande teatro…

 

Stefano Massimi a Shenzhen. La fabbrica dei suicidi

di Simone Nebbia

Foto Ufficio stampa
Foto Ufficio stampa

Nei giorni in cui arriva la proposta di incentivo più populista della storia populista italiana – e ce ne voleva a superare certi grandi maestri – che concede un bonus di 500 euro ai diciottenni, quindi non più per la sopravvivenza o per incoraggiare il lavoro ma per semplice atto di raggiunta età elettorale, va in scena per il primo appuntamento della rassegna Spazio del racconto al Teatro Brancaccino di Roma uno spettacolo piuttosto indicativo: Shenzhen significa inferno, scritto da Stefano Massini e ben interpretato da Luisa Cattaneo, affresco livido e neanche troppo estremizzato della condizione lavorativa nel mondo contemporaneo. Quattro postazioni con i numeri al posto degli attori. Quattro operai. Due donne, due uomini. Solo uno di loro resterà nella grande società Osiris, per cui tutti già lavorano… [continua a leggere]

 

Letizia Forever: la realtà è una cosa confusa

di Luca Lòtano

foto Claudio Cavalli

«Immaginati il teatro, che tu sei l’attrice del teatro e che c’è tanta gente, muta, che t’ascolta». Riesce a immaginarlo fervidamente Salvatore Nocera, interprete potente e fragilissimo di Letizia Forever con la regia di Rosario Palazzolo. Nella stessa maniera con cui Teatrino Controverso riesce a immaginare un teatro indipendente, intimo, che dietro lustrini e paillettes dei fabulosi anni ’80 presenta un corpo nudo, capace di ostentare la bellezza semplice e disarmante di un’idea registica, un testo e un attore. Ospite a Teatri di Vetro la compagnia siciliana mostra di aver trovato l’asse attorno al quale ruotare, lasciando al pubblico romano il piacere di illuminare le caleidoscopiche facce di una disco ball che riflette, tra neologismi e hit anni ’80, la distonia di personalità e la realtà molteplice di Letizia Forever sulle pareti di Carrozzerie N.O.T.… [continua a leggere]

 

Stefano Patti e Marco Quaglia: tu da che parte stai?

di Lucia Medri

Foto Federico Cianciaruso
Foto Federico Cianciaruso

È il 13 aprile di un anno indefinito. Sono le 7 pm e il 15° distretto del Midwest è stato da poco raso al suolo da una bomba che ha ucciso circa un milione di persone; questi i presupposti narrativi di ECHOES, testo di Lorenzo De Liberato, adattato e diretto da Stefano Patti della compagnia Marabutti, il cui primo studio è il frutto della residenza temporanea presso il Teatro Studio Uno. In un bunker antiatomico, seduti allo stesso tavolo e sotto la stessa fredda luce, il giornalista De Bois (Stefano Patti) è spinto dall’intento etico e professionale di interrogare il responsabile dell’eccidio, Ecoh il «signore» (Marco Quaglia): il reporter appare dimesso, la sua durezza è in realtà uno scudo per difendersi da attacchi subdoli e meschini, potrebbe affidarsi a una recitazione che all’impulsività sceglie la riflessione, calma apparente che poi gradualmente cresce… [continua a leggere]

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