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Stefano Massini a Shenzhen. La fabbrica dei suicidi

Stefano Massini indaga il lavoro con Shenzhen significa inferno al Teatro Brancaccino. Recensione in taccuino critico

 

Foto Ufficio stampa
Foto Ufficio stampa

Nei giorni in cui arriva la proposta di incentivo più populista della storia populista italiana – e ce ne voleva a superare certi grandi maestri – che concede un bonus di 500 euro ai diciottenni, quindi non più per la sopravvivenza o per incoraggiare il lavoro ma per semplice atto di raggiunta età elettorale, va in scena per il primo appuntamento della rassegna Spazio del racconto al Teatro Brancaccino di Roma uno spettacolo piuttosto indicativo: Shenzhen significa inferno, scritto da Stefano Massini e ben interpretato da Luisa Cattaneo, affresco livido e neanche troppo estremizzato della condizione lavorativa nel mondo contemporaneo.
Quattro postazioni con i numeri al posto degli attori. Quattro operai. Due donne, due uomini. Solo uno di loro resterà nella grande società Osiris, per cui tutti già lavorano. Solo uno di loro vedrà raddoppiato il proprio salario e potrà continuare il proprio percorso dentro l’azienda: nel marchio, per il marchio. In questa sorta di reality show, la bieca esaminatrice in succinto abito bianco gira tra di loro e li analizza, li mette sotto pressione con toni da sergente, li pone l’uno contro l’altro agendo sulle loro psicologie, scalfisce i confini della logica sfruttando le debolezze di ognuno e fintamente esaltando le qualità.
Ma il teatro è un gioco molto serio e poggia su caratteri concreti le proprie situazioni. E allora Shenzhen, cos’era? Quella città del sud della Cina dove risiede la Foxconn, società elettronica che assembla prodotti per conto della Apple e che è stata luogo di grandi polemiche negli ultimi anni, dopo aver ospitato un numero alto di suicidi tra i dipendenti, vittime di condizioni di lavoro disumane, documentate da un’inchiesta del New York Times. E allora il teatro diventa un pretesto non solo per indagare il lavoro, il rapporto tra merito e professionalità, tra competizione e competitività, ma si spinge la scrittura di Massini fino a mettere a fuoco i giochi di forza tra gli uomini, evidenziando le risposte di chi dispone del potere e quindi del destino non degli uomini, ma delle “unità umane” al servizio della società: «Osiris paga l’operaia, non la donna», dirà l’esaminatrice, eppure anche lei per sé stessa non usa la declinazione femminile quando si presenta al cospetto altrui? Se anche chi esercita il potere ha chi dispone del suo agire, che sarà più potente per quanto invisibile, potremo mai sopprimere l’umanità? Potremo dire di essere, fuori dall’essere?

Simone Nebbia

Teatro Brancaccino, Roma – fino al 29 Novembre 2015

Questa recensione fa parte del Taccuino Critico. Clicca qui per leggere le altre

SHENZHEN SIGNIFICA INFERNO
scritto e diretto da STEFANO MASSINI
con LUISA CATTANEO
assistente alla regia
DUCCIO BARONI
spazio scenico
FEDRA GIULIANI
disegno luci
CAROLINA AGOSTINI
organizzazione
LAURA GIANNONI
ufficio stampa
SARA CHIARELLO
produzione
IL TEATRO DELLE DONNE
con il patrocinio di Amnesty International

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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