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L’ultimo nastro di Julio Cortázar

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Julio Cortázar nel lavoro della Compagnia Barone Chieli Ferrari. Recensione

 

Julio Cortazar
Foto Dario Vegliante

Ci sono scrittori che hanno attraversato il Novecento con il trionfalismo della parola del tempo, nel tempo, al tempo consegnata. Ce ne sono altri che hanno dovuto attendere proprio il tempo cambiare di segno, uno smottamento di attenzioni, una slaccatura all’unità cromatica che è discendenza culturale e che troppo presto diventa tradizione. Julio Cortázar, scrittore argentino-francese che il secolo l’ha griffato di racconti poesie e saggi critici, è della seconda categoria, poiché portatore di quella sindrome profondamente sintomatica che fu la scrittura del fantastico, lungo linee asimmetriche di un tipo di racconto cui non abbiamo potuto dedicare se non la consolatoria, per noi, etichetta di “sperimentale”.
Lettera a una signorina a Parigi, contrariamente a quanto si possa pensare, non è inserita nell’epistolario di Cortázar, bensì nella raccolta di otto racconti che prende il nome di Bestiario, pubblicata nel 1951 (per noi Einaudi, 1974). Vi si narra la difficoltà del protagonista, ospite di un’amica in un appartamento di Buenos Aires, di scriverle tale lettera e dunque confessare, far trasmigrare di là dall’oceano il suo modo di vivere la casa, l’impossibilità di rendere propria la misura di altri, la complessa relazione tra uomo e ambiente quando questo è ideato su architetture mentali a sé estranee, infine le paure più intime, la condizione esistenziale, disturbata, di un uomo che riconosce fuori dalle regole la sua regola, fuori da ogni casa, casa propria.

La letteratura e il teatro. La Compagnia Barone Chieli Ferrari (Emilio Barone, Alessandra Chieli, Massimiliano Ferrari), fondata nel 2011, ha impostato su questa relazione la propria ricerca teatrale. Ma quando nel 2013 è avvenuto l’incontro con lo scrittore argentino la loro indagine vi si è focalizzata, prima con il lavoro La salute degli infermi, scrittura originale ispirata ai suoi scritti e alle sue strutture narrative, poi con Componibile Cortázar, che li ha portati a collaborare con l’Ambasciata Argentina per le celebrazioni in omaggio allo scrittore. Dedicarsi ora a uno dei racconti da svolgere in autonomia, apprezzato al Teatro Tordinona di Roma, è parso un passo in avanti rispetto a tali manovre di avvicinamento, segno di una maggiore maturità di presenza nel panorama artistico. Ma, con ordine, cosa ha da dire e dare Cortázar al teatro di questa epoca?

Julio Cortázar
Foto Dario Vegliante

Prima di tutto è una scelta estetica tenue, che vira dall’ocra ambientale del mobilio di legno al marrone particolare della cinta dell’uomo (Emilio Barone), elemento minimo che tuttavia sembra ancorarlo a quella casa, al segreto di una perturbazione emotiva, eppure non lo libera, rimane a comprimergli la vita e fende la scena, tagliandola orizzontalmente a metà. L’uomo, nella stanza in cui cerca orientamento, si accinge a registrare il messaggio per l’amica, dapprima si dedica a riascoltare le prove precedenti ma mai nessuna è adatta, nella confusione ambientale cui cerca di porre rimedi esili sembra ognuna troppo violenta e che lui voglia edulcorare un malessere; quando poi di colpo trova la linea da seguire, ecco che invece il disagio trattenuto sfocia in un racconto sinistro, feroce, inesorabile la lucida follia spinge l’uomo in territori fantastici da cui partorire, letteralmente vomitare, in luogo delle proprie profondità moleste, undici coniglietti da compagnia.

È però ancora l’estetica a focalizzare in alcuni sviluppi del surrealismo l’intuizione feconda per un tratteggio scenico della letteratura di Cortázar: il gusto da strip comica, nelle tinte e negli abiti così come nella sonorizzazione off, meglio che in altri contesti sembra puntualizzare la relazione preferenziale della sfera conscia con quella inconscia, senza che però la metafisica ne svilisca il segno scenico. È proprio in virtù di questo afflato che la scrittura del romanziere argentino si presta a un’indagine drammaturgica, la densità di cui investe la trasmissione di emozioni nell’una o l’altra direzione rende ogni concetto anche astratto un frutto della materia, di un’evidenza cosciente, di un’espressa, concreta, sensibilità.

Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia

Teatro Tordinona, Roma – Aprile 2015

A UNA SIGNORINA A PARIGI
Liberamente tratto dal racconto “Lettera a una signorina a Parigi” di Julio Cortázar
con Emilio Barone
regia Alessandra Chieli Massimiliano Ferrari
ambientazioni sonore Alessandra Chieli Carlo Sperduti
scene Domenico Latronico
foto Metapics – Dario Vegliante Ph
realizzato con il sostegno di Fanfulla Teatro (Roma) Rialto Roma (Roma) Teatri Sospesi (Salerno) Inner Wheel (Città di Castello)
con il patrocinio Ambasciata Argentina – Ambasciata Argentina Cultura Comune di Citerna (Pg)
vincitore del premio Teatro Td IX Tordinona alla biennale MArteLive 2014
Compagnia Barone Chieli Ferrari

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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