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Torobaka e Sun: il viaggio è in danza

Torobaka e Sun, la recensione degli spettacoli di  Akram Khan/Israel Galván e Hofesh Schechter  visti a Romaeuropa Festival 2014

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

Placido e tranquillo, dalle tinte verdastre, scorre il fiume Guadalquivir attraversando Siviglia e separandola dal quartiere popolare di Triana. Collegato col resto della città dal Ponte Isabel II, questo barrio appare al turista come disegnato, con le sue case dai colori pastello, i tetti rossi e le finestre bordate di giallo ocra. Proprio in quei vicoli assolati, in quei patios verdeggianti e nella calura di vecchie taverne sembra sia nato il Flamenco, o perlomeno questo dicono i sevillanos ai viaggiatori. Non si stenta tuttavia a crederlo; nelle orecchie quasi si sente crescere lo zapateado avvolgente e sanguigno di un bailaor, pervadendo l’aria di energia, mentre in un rincón (angolo) nascosto della mente il suono cristallino di sonagli pare anticipare un mistico momento di spiritualità. L’anima andalusa si fonde con le sue radici gitane: la forza del taconeo viene ammansita dall’ancestrale suono dei sonagli, entrambi provengono dalle parti inferiori del corpo dei ballerini  a contatto con la terra, la cui arena rossa è come un campo di combattimento.

Foto Ufficio Stampa
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Nel teatro Auditorium Conciliazione abbiamo assistito alcuni giorni fa alla «con-fusion» di due stili, due identità coreografate: da una parte Akram Khan, dall’altra Israel Galván de los Reyes. Flamenco e Kathak hanno dato vita a Torobaka – titolo ispirato al poema dadaista di Tristan Tzara – ultimo sodalizio del coreografo anglo-indiano con l’alterità danzata che ha aperto il Romaeuropa Festival. «Il più difficile» confessa Akram, perché con Galván «ho avuto paura! Abbiamo troppe cose in comune» rispetto alle collaborazioni con Sylvie Guillem e Sidi Larbi Cherkaoui. Israel, per Akram, non è il solito ballerino di flamenco, «lui possiede un proprio vocabolario» e grazie a esso i due danzatori hanno potuto dialogare non con le parole ma con il movimento, poiché l’uno non conosce la lingua dell’altro. Insieme alla musica arrangiata e interpretata da David Azurza, Bobote,Christine Leboutte e B C Manjunath, il Toro – simbolo di forza ed emblema della cultura spagnola – si innesta con la pacifica sacralità della vacca indiana. Una scrittura coreografica sincretica, dove i movimenti propri a ciascuno stile si confondono in una danza rinnovata. Lo stesso vale per i costumi che incrociano le due provenienze: sopra una tonaca indiana lunga e, sotto dei pantaloni attillati come quelli utilizzati nel Flamenco. Dagli ormai conosciuti giri sospesi delle braccia di Akram si passa a quelli di Israel più decisi e netti, quasi fossero delle corna taurine. Virile e carnale uno, delicato e mistico l’altro, il suono convulso dei tacones vibra nelle oscillazioni repentine dei sonagli propagandosi attraverso un virtuosismo musicale che abbraccia tutto il Mediterraneo: ad un tratto sembra di trovarsi nel sud Italia, quando disteso e in preda a spasmi il corpo del bailaor evoca l’eccitazione di un tarantolato…
Non c’è lotta in questa arena teatrale (intorno alla quale sono posizionati dei microfoni per amplificare il suono) se non quella animale e istintiva che vede il Kathak e il Flamenco unirsi con sensualità e passione. Nessuno prevale sull’altro, quanto piuttosto si annullano per poi rinascere in nuove forme.

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

Brucia la terra del Medio Oriente, arida e brulla sovrastata da una canicola imperiosa. Il Sole, caldo e luminoso illumina i corpi dei danzatori in scena; una leggera nebbia discesa nella sala del Teatro Argentina rende lattiginosi e distanti i loro volti e i vestiti bianchi. Sun, il cerchio fiammeggiante del coreografo israeliano Hofesh Schechter, giunge al Romaeuropa Festival in prima nazionale, portando la luce in una serata di pioggia battente. In scena la “massa” si muove dapprima in partiture corali, poi in soli o passi a due, con gesti lenti e morbidi ma anche isterici e impetuosi. Anche stavolta, come nel suo lavoro precedente, Political Mother, Schechter parte dai movimenti della danza israeliana per poi caricarli di maggiore intensità e aggressività. La potenza spettacolare dei suoi ensamble coreografici sta nel rendere libero ciascun danzatore di interpretare il movimento: sentirlo unico e personale, sia dal punto di vista espressivo che fisico. Torna ancora una volta la tematica del potere cara al coreografo che stavolta viene affrontata attraverso le dualità bene/male, bianco/nero e luce/ombra, rappresentate da silhouette di cartone con sopra raffigurate dapprima una pecora, poi un lupo, un nativo, un esploratore… A controllare i movimenti della “massa-ensemble” ci pensa un “demiurgo-danzatore” che indirizza e gestisce in scena l’intero organico come fosse un plotone militare. Senza dubbio spettacolare e di forte impatto grazie alle musiche create dallo stesso Schechter e al disegno luci di Lee Curran, Sun tuttavia illumina purtroppo solo in superficie non riuscendo a proporre una nuova riflessione sulle forme di potere e su come esso incida all’interno della nostra quotidianità. Si sedimentano però quelle immagini danzate, liberate dalla forma accademica per essere vissute in tutta la loro istintuale umanità.

Che sia un solo, un passo a due o un organico di quindici danzatori, a prevalere in questo viaggio interculturale della danza che parte dall’India per arrivare in Israele passando per la Spagna, è soprattutto una scrittura coreografica che affonda le sue radici in contesti popolari e tradizionali. Conoscere le proprie origini per poi abbandonarle e ritrovarle; la danza di questi coreografi è una figlia meticcia del terzo millennio che con occhi nuovi scopre il popolare tout court.

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

Leggi altri articoli e recensioni sul ROMAEUROPA FESTIVAL

Vedi il programma completo del festival

Visto all’Auditorium Conciliazione nel mese di settembre 2014
TOROBAKA
direttori artistici/coreografi/performers Akram Khan e Israel Galván
musiche arrangiate e interpretate da David Azurza, Bobote, Christine Leboutte, B C Manjunath
disegno luci Michael Hulls costumi Kimie Nakano
sound design Pedro León
direttore prove Jose Agudo
coordinatore di produzione Amapola López
direttore di produzione Sander Loonen
coordinatore tecnico Pablo Pujol
tour managers Amapola López e Mashitah Omar
produzione Farooq Chaudhry & Bia Oliveira (Khan Chaudhry Productions) e Chema Blanco & Cisco Casado (A Negro Producciones)
co-produzione MC2: Grenoble, Sadler’s Wells London, Mercat de les Flors Barcelona,Théâtre de la Ville Paris, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Festival Montpellier Danse 2015, Onassis Cultural Centre – Athens, Esplanade – Theatres on the Bay Singapore, Prakriti Foundation, Flamenco Biënnale Nederland, Concertgebouw Brugge, HELLERAU – European Center for the Arts Dresden, Festspielhaus St. Pölten, Romaeuropa Festival
sponsorizzato da COLAS
prodotto durante la residenza di Mercat de les Flors Barcelona e MC2: Grenoble
sostenuto da Arts Council England
Israel Galván è Artista Associato del Théâtre de la Ville Paris e Mercat de les Flors Barcelona.
Akram Khan è Artista Associato di MC2: Grenoble e Sadler’s Wells London in cooperazione internazionale.

Visto al Teatro Argentina nel mese di ottobre 2014
SUN
coreografia e musica Hofesh Shechter
scene Merle Hensel
disegno luci Lee Curran
costumi Christina Cunningham
danzatori Paula Alonso Gómez, Maeva Berthelot, Chien-Ming Chang, Frederic Despierre, Neus Gil Cortés, Bruno Karim Guillore, Philip Hulford (Assistente alle prove), Yeji Kim, Kim Kohlmann, Erion Kruja, Merel Lammers, Attila Ronai, Diogo Sousa
danzatori apprendisti: Madeleine Fairminer, Clara Villalba
produzione Hofesh Shechter Company
con il supporto di Bruno Wang e The Columbia Foundation fund della London Community Foundation
co-produzione Brighton Dome & Brighton Festival, Sadler’s Wells London, Melbourne Festival, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Théâtre de la Ville – Paris, Festspielhaus St Pölten, Berliner Festspiele – Foreign Affairs, Romaeuropa Festival in collaborazione con Teatro di Roma
con il sostegno del Mercat de les Flors e il Theatre Royal Plymouth
La Hofesh Shechter Company è sostenuta da fondi pubblici provenienti dalla National Lottery attraverso Arts Council England.
Hofesh Shechter è un artista associato del Sadler’s Wells e la Hofesh Shechter Company
è compagnia in residenza al Brigthon.

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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