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Taccuino Critico. Bambina Mia, Felicitazioni, Panenostro

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Un trittico di spettacoli sul Taccuino Critico

Tra le molteplici offerte teatrali, sul Taccuino Critico si appuntano segni di sguardi diversi che rispondono a un’unica necessità: osservare, testimoniare, dar conto dell’espressione pura, del piccolo e grande teatro…

foto ufficio stampa
foto ufficio stampa

BAMBINA MIA
con Monica Crotti e Simona Parravicini
drammaturgia e regia Tiziana Lucattini
consulenza drammaturgica Fabio Traversa
collaborazione artistica e proposte musicali Massimo Cusato
costumi Monica Crotti e Massimo Cusato
visual Momchil Alexiev, disegno luci Martin Beeretz
foto di scena Patrizia Lucattini
organizzazione e promozione Paola Meda, Serena Amidani

Nelle due ore del derby Roma-Lazio il quartiere Pigneto somiglia a un set abbandonato. Si può camminare per un chilometro intero in mezzo alla strada senza incontrare anima viva, cullati dal sommesso salmodiare delle telecronache, ora più forte passando accanto a un bar. Poi si entra nel cortile del Centrale Preneste, animato da una folla di bambini e genitori: lo spazio gestito da Ruotalibera Teatro dedica le domeniche pomeriggio a una ricca programmazione di teatro per i più piccoli. Stavolta è il turno di Bambina Mia, frutto di una collaborazione tra Ruotalibera Teatro – presenti Tiziana Lucattini e Fabio Traversa ad accogliere il pubblico – e la compagnia Teatro dei Dis-Occupati di Monica Crotti e Massimo Cusato. Con una sempre efficace clownerie, Crotti si ridisegna nel corpo della piccola Mia. «Mia, ti porto al parco, gioca con gli altri bambini, ma non ti allontanare non ti sporcare non parlare con nessuno non perdere le scarpe non dare fastidio non correre». In una parola, non sognare. E invece nel piccolo quadrato di verde, che in scena prende vita grazie a un abile gioco di luci e videoproiezioni stilizzate su tre velatini, Mia incontra un «amico», una fata filiforme di foglie vestita (Simona Parravicini) con cui comunicherà a gesti e con poche parole chiave, quante bastano per ridestare la fantasia. Ricordando Wendy e Peter, dalla stanzetta con vista luna le due voleranno alte in un cielo di nubi e d’azzurro, come nel più splendido dei sogni. «Uno spettacolo sul volo», aveva informato Lucattini nella breve introduzione per quietare i bambini, senza davvero riuscirvi. Ma una platea così è giusto che si distraggano, è giusto che commentino, che chiedano ad alta voce «e adesso che succede?», che facciano risuonare di sedia in sedia le poche parole che sente ripetere. Una storia onirica e gentile, vista dagli occhi incantati delle prime meraviglie, quel mondo notturno fatto di folletti e amici immaginari, in cui della mamma è ammessa solo la voce, impastata d’eco e incarnata in un fascio di luce d’ambra. Un teatro che fa grandi i bambini e bambini i grandi, li convoca in un breve limbo dove prende forma il senso della scoperta, l’avventura di vedersi crescere, anno dopo anno e minuto dopo minuto.

Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio1982

visto al Centrale Preneste in febbraio 2014

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locandina dello spettacolo (particolare)
locandina dello spettacolo (particolare)

FELICITAZIONI
di Maria Luisa Usai
con Maria Luisa Usai e Elisabetta Granara
Produzione Zanfretta e il Gruppo di teatro Campestre

La sala piccola del Tordinona sembra, nell’oscurità appena stemperata da un tenue fascio di luce, una cella alta e claustrofobica. Felicitazioni inizia così, bassa illuminazione e due ammassi di corpi non ancora definiti, in un pianto che si tramuterà presto in rantolo, sospiro, esplorazione di ampiezza e intensità sonora. In scena le due giovani e bravissime attrici Maria Luisa Usai (anche autrice del testo) e Elisabetta Granara architetteranno un viaggio personale all’interno della vita, cercando una felicità forse irraggiungibile, fatta di sogni, del desiderio di rimanere senza responsabilità, senza memoria, senza che la quotidianità gretta o l’inedia pervadano la voglia di realizzarsi.
Nonostante qualche passaggio meno fluido, la vivace scrittura scenica – che prende ispirazione anche dalla narrativa e dalla poetica di Sergio Atzeni – risulta efficace nella sua scomposizione a quadri. Le attrici costruiscono solo con i propri corpi, le voci e pochissimi oggetti un puzzle di situazioni emotive, visive e sonore, il cui legame è da ricercarsi nel rapporto di relazioni asimmetriche che si crea man mano: cinismo, ironia, derisione, sprone, ma soprattutto quella voglia di giocare nonostante tutto, un bisogno che rivela la sua natura di condivisione. Finalmente sullo stesso piano, indossando entrambe un abito da sposa – forse una promessa di serenità e stabilità a contrasto con l’entusiasmo caotico e frammentato di tutto lo spettacolo? – canteranno a squarciagola, saltando; giocheranno, ancora; ma saranno assieme.

Viviana Raciti
Twitter @viviana_raciti

Guarda il video su eperformance.tv

visto al Teatro Tordinona di Roma in febbraio 2014

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foto di Ernesto Orrico
foto di ufficio stampa

PANENOSTRO
interprete Ernesto Orrico
assistente alla regia Dalila Cozzolino
scenografia Marco Foscari
testo, luci e regia Rosario Mastrota
produzione Compagnia Ragli
locandina Pino Viola
con il sostegno di Associazione Antimafia daSud

Panenostro che sei nei cieli. No, non è il cielo ma la terra toccata dai piedi degli uomini. Cielo, non esiste senza terra. Il pane è l’elemento primo dell’alimentazione e quindi della sopravvivenza, dell’evoluzione dei popoli. Nel nostro sud, quasi istituito a modello esistenziale. C’è questo luogo dell’anima, il profumo del Panenostro, nel forno della Compagnia Ragli che l’ha presentato con omonimo titolo al Teatro Tordinona, per la scrittura e la regia di Rosario Mastrota e l’interpretazione di Ernesto Orrico.
Tiene gli occhi chiusi Orrico, lo fa perché la “sua” Calabria delle farine è terra lontana di cui ha una nostalgia simile a saudade, le tradizioni in cui è cresciuto hanno germinato in un territorio ostile, nell’indifferenza settentrionale. La grande città, ma con le stesse dinamiche di potere. Ed ecco la ‘ndrangheta fare il suo lavoro, chiedere il pizzo, portarlo all’estremo delle forze psichiche e arrendersi al raptus che lo condannerà. Tra le buste di plastica e un tavolino su cui impastare, pur nelle imperfezioni di un assemblaggio drammaturgico da rivedere, Mastrota conferma un tratto distintivo che lo avvicina alla voce di Scena Verticale, quel suono sottile che unisce concretezza ed evocazione.

Simone Nebbia
Twitter @simone_nebbia

visto al Teatro Tordinona di Roma in febbraio 2014

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