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La rivoluzione invidiata dei Coccodrilli

Coccodrilli
Foto di Ufficio Stampa

Più volte il nostro paese è stato romanticamente definito la “Bella Addormentata d’Europa”, cullata nel suo sopore da un leggero moto d’inerzia politica, incostante, opportunista e mai pronto al cambiamento radicale. Come se per giungere all’effettiva e responsabile sollevazione servisse una spinta esterna, un modello a cui guardare e ispirarsi.
Negli ultimi due anni siamo stati testimoni della cosiddetta “Primavera araba”, le cui agitazioni popolari contro lo status quo hanno coinvolto e continuano a coinvolgere molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, come ad esempio l’Egitto, dove la rivoluzione è ancora in atto.
Il clamore di piazza Tahrir, la forza mediatica dei social network, attraverso i quali si è potuto mobilitare un popolo intero, e la quantomai ferma convinzione che si possa e si debba esprimere, a costo della vita, il proprio dissenso; sembrerebbero forse e in parte aver fatto leva su quella nostra flebile e disinteressata coscienza politica.
Degno di nota, a tal proposito, è come il mondo del teatro sia particolarmente interessato a tale questione.

Lo dimostra anche la programmazione del Festival Quartieri dell’Arte che quest’anno ha presentato al Teatro Tordinona, la mise en espace I Coccodrilli con la regia di Ferdinando Vaselli e la collaborazione dei due drammaturghi-sceneggiatori Giulio Rizzo e Pietro Seghetti. Nell’adattamento del testo omonimo scritto dal giornalista egiziano Youssef Rakha, «a metà tra il saggio letterario e il romanzo di formazione», si raccontano tre generazioni della rivoluzione contemporanea egiziana e il rapporto che intercorre tra di esse: la prima quella del 2010 e il legame con la precedente degli anni Novanta, quest’ultima e l’eredità lasciatale dai padri degli anni Settanta.
La sala Strasberg accoglie meno di una decina di giovani ragazzi. Già pronti in scena troviamo i cinque attori seduti in fondo alla sala – Matteo Febo, Francesco Ferrieri, Barbara Manzato, Francesca Rosa, Simona Senzacqua ­– e alla sinistra il sesto, Giovanni Sorrentino, seduto al computer. I sei raccontano l’amicizia di Youssef con Nayf e Paolo, dalla quale nascerà il primo movimento segreto di poesia, “I Coccodrilli”, il 20 giugno 1997, stesso giorno in cui l’attivista degli anni Settanta Radwa Aadel si è tolta la vita. A fondare quest’associazione di creatività, idee, arte e soprattutto urgenza politica ci pensa Nayf, ossessionato da Allen Ginsberg e in particolare dalla sua poesia The Lion for Real. Il leone, paragonato dal poeta della “beat generation” a Dio, inizia a tormentare la quotidianità di Nayf che soffre di allucinazioni tanto da convincersi che il felino si aggiri nel suo salotto. Delirio, sogno o follia? Questi forse i motivi che lo condurranno alla morte: la realtà oggettiva è che si tratti di un incidente, il quale cela però un malessere profondo, quello sì della possibilità di avere nelle mani il potere di cambiare le cose, ma anche la paura di non saperlo gestire e soccombere quindi all’insicurezza.

Coccodrilli
Foto di Ufficio Stampa

Storie, vite, persone e ideali intrecciati insieme in una drammaturgia che si affida interamente alla traduzione del libro, una lettura dunque eccessivamente fedele, dimostrata dalla presenza dei copioni in scena che, nonostante la proposta sia ancora in una forma iniziale, purtroppo limitano la recitazione degli attori a tratti dipendente dal testo alla mano.
Poca accortezza e pulizia anche nella proiezione dei video dalla pessima risoluzione, che rischiano di rendere il lavoro approssimativo e dalla struttura piuttosto precaria. È tuttavia opportuno sottolineare la passione che lega gli attori al testo e che traspare dal loro operato durante i circa cinquanta minuti di spettacolo, la quale rimbalza in tutta la sua purezza e umiltà verso gli spettatori. Le parole, è vero, inciampano a tratti nella recitazione, si accavallano e incespicano, ma ciò è dovuto all’emozione nel dare voce e corpo ai pensieri di Youssef Rakha, rispetto ai quali non si può rimanere indifferenti prima come persone e poi come attori.

L’urgenza di questo lavoro – come di altri portati in scena nella capitale in quest’ultimo periodo (ne è un esempio il recente Pictures from Gihan di Muta Imago) – pare essere in primis di tipo politico piuttosto che artistico; a tal proposito, in virtù di questo slancio partecipato alle rivoluzioni del Vicino Oriente, verrebbe da chiedersi se la “Bella Addormentata” si sveglierà grazie a questa sorta di “esotismo politico” o se siamo piuttosto di fronte a un pretesto che, tramite il teatro, saprà diventare soggetto drammaturgico.

Lucia Medri

visto a Teatro Tordinona in dicembre 2013, Roma

Guarda lo spettacolo su e-performance.tv

I COCCODRILLI
di Giulio Rizzo e Pietro Seghetti.
Dal romanzo di Youssef Rakha tradotto da Elena Chiti
regia Ferdinando Vaselli
Matteo Febo, Francesco Ferrieri, Barbara Manzato, Francesca Rosa, Simona Senzacqua, Giovanni Sorrentino
aiuto regia Cecilia Di Giuli

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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