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Bis: l’Eden replicato di Senatore-Tagliarini

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foto di Futura Tittaferrante

Ad aprire la seconda serata di Short Theatre 7 sono Ambra SenatoreAntonio Tagliarini, a Roma con il loro Bis, un lavoro che è protrazione e rivisitazione del loro precedente incontro performativo. I due danzatori, entrambi adusi a collaborazioni per progetti e con artisti differenti, avevano già nel 2008 sincronizzato passi e idee per L’ottavo giorno, spettacolo che di questo sembra essere presupposto ed evoluzione implosiva. Se infatti la corrente edizione del festival si gioca sulla sperimentazione di un’irriducibile zona di confine che è interminabile esaurimento occidentale, l’operazione compiuta con questo lavoro è tutta articolata sul file rouge che lega senso e non senso, costruzione e decostruzione in una dinamica di slittamenti e disattese che si fa cardine stesso della messinscena.

Sul tappeto bianco che ricopre il palco i due attendono in posizione: lui seduto sulla destra e lei, capelli raccolti in una treccia, in piedi poco più avanti avvolta in un leggero vestito rosso. Solo pochi istanti, prima che l’azione prenda vita per segnare un inizio che parte dalla fine e alla fine è destinato a ritornare. I danzatori compiono azioni speculari, in un continuo rimando di entrate e uscite, cadute, sguardi e sorrisi di ringraziamento che quasi istantaneamente acclara l’ironico paradosso per cui ciò che si concretizzerà non sarà altro che reiterazione e riproposizione: un bis, appunto. La muta sinfonia di due corpi in movimento senza musica comincia così a plasmare gesti destinati in sequenza a rincorrere e regolarmente abortire qualunque tentativo di costruire una situazione, a infrangere e sgretolare così ogni supposizione e aspettativa di semiosi motoria. Un sarcasmo sottile sottende l’elaborazione di uno spartito puntuale che come supporti performativi si serve degli stessi oggetti de L’ottavo giorno, replicandone e prolungandone le dinamiche. Piante, cespugli e un rettangolo di prato artificiali, progressivamente portati in palcoscenico, fanno da sfondo a un alterato e involuto scenario di post-Creazione, cui d’altronde il titolo del lavoro precedente faceva riferimento.

foto di Futura Tittaferrante

Una costante e leggera ironia, che il pubblico sembra non faticare a cogliere,  accompagna l’indagine volutamente soppressa della relazione tra uomo e donna, danzatore e danzatrice, corpo e corpo. Eredità del lavoro precedente sono anche i guanti e i cappucci che coprono il volto e che così bene ricordano, negli accennati momenti di afflato, Gli Amanti di Magritte con la differenza che qui, nel tempo della replica, la stoffa verde non avvolge l’anatomia intera – come a dire che, si sa, la ripetizione non conserva mai l’integralità originaria. «Signori e signore ci scusiamo per l’interruzione, lo spettacolo riprenderà appena possibile», questa la frase che una voce registrata ripete di tanto in tanto quasi a conferma dell’impossibilità di una articolazione lineare e ininterrotta. È tuttavia la conclusione a segnare il momento più “narrativo”, quello in cui Tagliarini e Senatore ripropongono, sulle note di Space Oddity di David Bowie, l’affresco di un’estasi edenica artificiale, grottesca anamorfia botticelliana i cui slanci iconografici si avviliscono nel perpetuo inappagamento della nostra era. In essa, serra sintetica di un’umanità quasi transgenica, tutto si fa posticcio: la Natura, i suoi profumi, i suoni, il calore del sole, la nudità dei sessi e perfino la carne sostituita dalla plastica di due sedie prese in sala per cancellare anche l’ultimo baluardo di proiezione identitaria possibile al di là di una prossimità dissacrante.

Per quanto la conduzione scenica risulti a volte ridondante, faticosa all’attenzione nella parte centrale, la ricompattazione finale lascia spazio a uno spiraglio di sagace ilarità che fa di questa divertente autocommiserazione un momento per guardare quasi da lontano all’odierna, ordinaria tendenza verso l’insoddisfazione. Se dunque la scena è scatola di distillazione della realtà in cui si produce, a noi resta quanto meno la possibilità di sorridere nel vederci replicati. Come dice il testo della nostra canzone «Lontano sopra la luna, il pianeta Terra è blu, e non c’è niente che io possa fare».

Marianna Masselli

Leggi altri articoli su Short Theatre 2012

Vai al programma del festival

Bis
di e con Ambra Senatore e Antonio Tagliarini
musiche David Bowie, Domenico Scarlatti
luci Leonardo Bucalossi
un ringraziamento per la collaborazione a Filipe Viegas
produzione ALDES / PLANET 3

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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