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Salvataggio Italia, per decreto o per Utopia

doto di Fabio Lovino

Fino al giorno successivo. A volte basterebbe una frase per dire di un intero spettacolo durato quasi sette ore, una vera e propria epopea che ha attraversato qui giusto tre settimane, ma che si muove dentro mondi in mutamento, ere della storia in profonda vibrazione, viscosità primordiale in cui s’è formata l’epoca contemporanea e che ha decretato il futuro nell’istante dell’accadere. Fino al giorno successivo. È questa la sensazione di magniloquenza e solennità per passione e ragione, uniti in unica soluzione composita, che accoglie il risveglio oltre The Coast of Utopia, scritto da Tom Stoppard e per la prima volta in Italia per regia di Marco Tullio Giordana, ora che anche il suo ultimo capitolo Salvataggio (dopo Viaggio e Naufragio) è giunto a sua conclusione. Fino al giorno successivo restano in mente pronunce vive e feconde che dalla Russia zarista continuamente in cerca di una rivoluzione si sono spinte fino a queste orecchie degli anni Duemila che ne ignorano e da fin troppo composizione e forma, anima e desiderio. Appunto, ragione e passione.

“Ma qualcosa manca!”, dice il tagliaboschi brechtiano di Mahagonny, e ha ragione, perché dopo Ascesa e Caduta dei primi due capitoli, questo Salvataggio è una sorta di Rinascita, di nuova linfa ai pensieri nel grafico della loro rappresentabilità per i popoli coinvolti nella storia, un lascito generazionale che attraverso le epoche pone unicamente a suo fulcro la densità delle idee che in quel mutamento di continuo, morendo, si rinnovano. Dopo il Viaggio in cui nascevano queste idee, ritratto di famiglia di una Russia rurale e bisognosa di contatto con l’estero, dopo il Naufragio della contaminazione deludente e la perdita dell’identità nazionale nelle costrizioni d’esilio, questo capitolo si muove fra il 1853 e il 1868 e apre alla maturità delle stesse idee che riaffiorano nelle loro istanze rivoluzionarie, ma rinnovate di un nuovo senso della lotta: “non con l’ascia, ma con la penna!”, gridano Aleksandr Herzen e Nicholaj Ogarev (in gran forma Luca Lazzareschi e Fabrizio Parenti) quando, nell’esilio londinese, daranno vita alla stampa libera russa e polacca con il periodico La Campana che risveglierà gli animi di ognuno. Ma la forza con cui s’impone questo nuovo corso rivoluzionario anche negli occhi di un redivivo Bakunin (Denis Fasolo) e di un evasivo Turgenev (ottimo Giorgio Marchesi), volto all’unica grande battaglia di liberare i servi della gleba dalla schiavitù, si riduce nella scoperta dell’illusione di cui è composta, dichiarandosi pronta oltre la prontezza degli stessi servi, proletari che all’evoluzione del mondo ancora non si sono uniti, e si rompe allora la forza dirompente dell’onda rivoltosa, su quella sponda di un’utopia costantemente oltre il presente. Ma l’onda ritrae, si riempie di nuovo mare e ritorna a lambire la scogliera. Un nuovo ritratto di famiglia rinnova i sanguinosi anni passati, per una nascita ancora. Perché sempre la prossima, è la nuova rivoluzione.

foto Ufficio Stampa

Molto discussa nelle prime uscite e tacciata di atonia convenzionale ed eccessiva modestia, la regia di Giordana in questo capitolo si carica del senso di responsabilità e risponde ai detrattori con momenti teatrali di maggiore incisività, che più definiscono ancora la sua dedizione a un testo non certo bisognoso di grandi effetti per godere la sua massima espressione. Le quinte mobili quasi cinematografiche e la struttura della geometria frontale legata a pochi concreti elementi (di Gianni Carluccio), temi musicali (di Andrea Farri) particolarmente al servizio del racconto, definiscono uno spettacolo arricchito di segni estetici più sicuri, forse perché, oliati certi meccanismi, ci si sente pronti a fornire una partecipazione più corposa.

Fuori da un Teatro Argentina che ha perduto i notabili, curiosi o stanchi, del primo capitolo, riconsegnando il teatro a chi ne gode: qualcuno ripete frasi che resteranno di quel mondo che è riuscito a parlare di tutto tramite il dibattito, senza il confine gabbia del bene culturale che la “gestione” dei poteri ha ridotto categoria ministeriale, non più utile, imbrigliata in quei canali che portano i rifiuti organici nell’indistinto largo mare. Si ragiona di quale sia la vera utopia che non è lo spettro per l’Europa, quel socialismo sospinto e contraddittorio, ma una società in cui l’arte è cardine di ogni rivolgimento, in cui crescita e mutazione sono già intimamente discusse e ragionate in un grande movimento di evoluzione culturale, esattamente umana. La sera romana, italiana, negli anni dieci d’inizio millennio, m’accoglie indifferente: la festa è finita, domani il solo Salvataggio sarà quello dell’economia in crisi, si ricomincierà a pensare come si ottiene un finanziamento per iniziare a pensare. Mi chiedo un po’ scosso: chissà che fine hanno fatto gli uomini.

Simone Nebbia

Leggi le recensioni degli altri episodi

dal 10 al 29 aprile 2012
Teatro Argentina [cartellone] Roma

orari 
martedì, mercoledì e venerdì ore 21.00
giovedì e domenica ore 17.00
sabato ore 19.00
lunedì riposo

Date dei tre spettacoli

Viaggio dal 10/4 al 15/4
durata 2 ore con intervallo

Naufragio dal 17/4 al 22/4
durata 2 ore con intervallo

Salvataggio dal 24/4 al 29/4
durata 2,30′ con intervallo

THE COAST OF UTOPIA
Viaggio-Naufragio-Salvataggio
di Tom Stoppard
regia Marco Tullio Giordana
con (in ordine alfabetico)
Andreapietro Anselmi, Ludovica Apollonj Ghetti, Francesco Biscione, Giuseppe Bisogno, Roberta Caronia, Paola D’Arienzo, Luigi Diberti, Denis Fasolo, Selene Gandini, Corrado Invernizzi, Erika La Ragione, Luca Lazzareschi, Sara Lazzaro, Tatiana Lepore, Alessandro Machia, Bob Marchese, Giorgio Marchesi, Valentina Marziali, Marit Nissen, Davide Paganini, Fabrizio Parenti, Irene Petris, Odette Piscitelli, Marcello Prayer, Edoardo Ribatto, Gabriella Riva, Nicolò Todeschini, Sandra Toffolatti, Giovanni Visentin
e con la piccola Angelica Barigelli

e con la Fisarmonicista Marit Nissen (VIAGGIO)

scene e luci Gianni Carluccio
costumi Francesca Sartori, Elisabetta Antico
musiche Andrea Farri
traduzione di Marco Perisse e Marco Tullio Giordana
regista collaboratore Daniele Salvo
organizzazione generale PAV
ufficio stampa ZACHAR Patrizia Cafiero & Partners
fotografo Fabio Lovino

Una produzione Fondazione del Teatro Stabile di Torino, Teatro di Roma,
Zachar Produzioni di Michela Cescon
si ringrazia la Fondazione RomaEuropa per il sostegno e la collaborazione

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

3 COMMENTS

  1. E’ buffo che su una webzine compaiano ben due recensioni (anche se su capitoli diversi della stessa opera) su uno stesso spettacolo….davvero curioso…Giordana oramai è stato osannato, alleluja, alleluja:-)

  2. Caro Luca,
    se è per questo erano addirittura tre le recensioni. Non so se è buffo o meno. Ci è sembrata una via percorribile quella di seguire i tre capitoli passo dopo passo nel loro evolversi, con tre firme diverse. È un percorso di ricerca anche il nostro. Sempre.
    Grazie di aver letto.
    SLG

  3. Ho come la sensazione che a Luca, che da un mese si accanisce sulla Trilogia e su Giordana, non vada giù che qualcuno la pensi in maniera diversa da lui, e che a parecchi lo spettacolo (anzi, i tre spettacoli) siano piaciuti, e anche molto… Non è molto democratico tutto ciò

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