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Lavia e il suo Pirandello Tutto per bene, o quasi…

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Se fosse possibile, consiglierei al pubblico pagante (e non) del Teatro Argentina di prendere posto dopo l’intervallo. Perderebbero sì un’ora di spettacolo e pur ne gioverebbe non solo la pazienza degli astanti, ma la fascinazione stessa del dramma, il risultato finale insomma. Questa modalità di visione andrebbe, a dirla tutta, applicata a grossa parte delle produzioni degli stabili e non solo al Pirandello di Gabriele Lavia in scena dall’8 gennaio al Teatro Argentina di Roma. Al di là di qualsiasi altro giudizio, credo sia stato possibile a chiunque abbia assistito all’anteprima di Tutto per bene – nuova produzione firmata dal direttore del Teatro di Roma – notare come il vero e proprio spettacolo Lavia lo abbia costruito dopo l’intervallo. È nel momento cruciale, quando proprio Palma (Lucia Lavia) rivela al padre Martino Lori di non esserne la figlia biologica, che il teatro riscopre il pubblico e viceversa. Lavia ne è consapevole e, rischiando, ci gioca. La scena clou, centrale quanto il riconoscimento di Oreste da parte di Elettra, viene ammantata di quella patina espressionista sempre cara al regista: il palco è buio, il sottofondo di tuoni sempre presente, l’immensa vetrata si illumina mentre lo scroscio si esaurisce, una luce proveniente dalla porta lasciata aperta da Palma squarcia il ricco e monumentale ambiente borghese di Alessandro Camera. Nel buio di quest’atmosfera da thriller, le circostanze strappano ferocemente  quella maschera che in un altro momento avevano cucito sulla carne del povero Martino. Dopo il dolore – fin troppo caricato nel pianto, nella voce spezzata, in quel corpo inginocchiato di piccolo uomo di fronte alla figlia ostinatamente dura -, Lavia lo sa bene, vi è solamente il buio, il nulla. Ecco, qui apprezziamo il lavoro sul personaggio, qui il mattatore trova le corde giuste, capisce che, caduta la maschera, addentrandosi in quel vuoto, la sponda più seducende è la follia. Martino diventa un fool, un clown pericoloso e lo spettacolo si colora di una piacevole ironia.

Peccato che le due ore e più di  “commedia” non abbiano lo stesso andamento e subiscano, inesorabilmente, quei vizi ai quali il regista ci ha abituato: l’imponente architettura che sfrutta le altezze del palcoscenico crea spazi così grandi da soffoccare l’uomo, tanto che il dimesso Martino Lori di Lavia sembra ancora più minuto quando vi si aggira da solo; svuotata di quel senso esistenziale, ritroviamo quella stessa monumentalità anche nella recitazione. Il rischio è sempre lo stesso, ovvero la costruzione di una comunicazione fondata su una convenzione, opprimente nel caso la finalità sia il realismo e ormai troppo riconoscibile e monotona per essere protagonista di uno scarto artistico. È vero che, soprattuto nel primo atto, Tutto per bene non appare come la migliore scrittura drammatica di Pirandello, ma proprio per questo è richiesto un intervento registico che abbia il coraggio di lavorare sul testo, di ricercare appunto significati e significanti nuovi. Certo un flebile tentativo di andare oltre la mera rappresentazione del fatto letterario è presente: un velatino rende la scena opaca creando sul proscenio un altrove spaziale, en plein air, dove è situata la lapide della moglie e che allo stesso tempo potremmo leggere come il tempo e lo spazio della verità, in opposizione alla finzione scenica che è poi quella della vita cui Martino è costretto (antinomia che comunque si scoglie presto nei clichè drammatici); c’è Alessandra Cristiani, visione danzante tra le penombre create ad arte da Giovanni Santolamazza; infine un’iniezione di performatività decisamente onirica e spiazzante nella quale la scena si blocca e gli attori, muovendosi lentamente, con passi leggeri, a ritroso e quasi danzando, sembrano voler fermare il tempo e sospendere la finzione in una magia. Ma l’intervento drammaturgico è invece sin troppo morbido per far sì che Pirandello sia ancora una volta – per dirla con il Kott shakespeariano – nostro contemporaneo.

Andrea Pocosgnich
twitter @andreapox

In scena fino al 10 febbraio 2012
Teatro Argentina [vai al cartellone]
Roma

Tutto per bene
di Luigi Pirandello
regia di Gabriele Lavia
con Gabriele Lavia
e con Roberto Bisacco, Riccardo Bocci, Giorgio Crisafi, Gianni De Lellis, Giulia Galiani, Lucia Lavia, Riccardo Monitillo, Daniela Poggi
danzatrice Alessandra Cristiani

Calendario Tournée

26 ottobre/ 4 novembre 2012 Firenze – Teatro della Pergola [cartellone 2012/2013]

6 / 18 novembre 2012 Milano – Teatro Strehler [cartellone 2012/2013]

20 novembre / 2 dicembre 2012 Torino – Teatro Carignano [cartellone 2012/2013]

4 / 9 dicembre 2012 Bergamo – Teatro Donizetti [cartellone 2012/2013]

11 / 20 dicembre 2012 Genova – Teatro della Corte [cartellone 2012/2013]

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3 COMMENTS

  1. Ero in sala, ieri sera, e concordo in pieno con la Sua analisi: il difetto di quest’allestimento, a parte ogni riserva sulla scelta del testo e dell’autore per il debutto del triennio di direzione artistica, è quello della mancanza di un’idea spiazzante (condivisibile o no), di una novità, di un guizzo che getti nuova luce su un testo di per sé non particolarmente riuscito. Il primo atto è appena sussurrato e tutto “raccontato”, privo cioè di azione drammatica: solo nei due successivi atti l’allestimento decolla, soprattutto per il cambio di registro interpretativo, ma dietro il mattatore c’è quasi il vuoto (e certe scelte della distribuzione sono veramente azzardate). Forse dal Teatro Stabile della capitale, e da Lavia, è lecito aspettarsi di più…

  2. Io non ho visto lo spettacolo quindi non posso dire sull’impostazione registica e tecnica dello stesso pero’ ,devo dire che Lavia non solo e’ un grande artista ma, ha quella sensibilta’ e intelligenza di saper cogliere i mutamenti sociali e di gusto del pubblico.Quella sua profonda capacita’ di andare a capire ed interpretare i personaggi, purtoppo, da molti anni siamo stati abbeverati di un teatro che soddisfava solo l’intelletto” di qualche intellettuale, facendo disorientare e perdere di vista che cosa e’ il Teatro e perche’ finanziarlo.
    Vedere il pubblico allontanarsi sempre di piu non trovando quel riscontro di linguaggio e comunicazione portatori di stimoli, alla riflessione dell’eterno delle cose e dell’uomo.

  3. Io ho visto lo spettacolo il 31 gennaio all’Argentina e mi è piaciuto moltissimo. La recitazione di Gabriele Lavia è stata straordinaria, ma anche gli altri attori hanno recitato bene (in particolare De Lellis, che interpreta Manfroni). Le musiche tristi, ma suggestive, scandiscono quella specie di danza che alcune volte fanno i personaggi.
    Infine,la tematica trattata da Pirandello è molto coinvolgente, anche commovente, e Lavia come attore lascia il segno, perché dimostra una grande drammaticità mista ad una amara ironia, così come vuole il testo di Pirandello.
    Certamente il secondo atto è nettamente migliore del primo, ma ciò non dipenda da Lavia, ma dalla trama.
    Vi consiglio di vedere questo spettacolo, non ne rimarrete delusi.

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