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Ofelia e Amleto. L’amore calligrafico di Balletto Civile

Balletto Civile - Il sogno segreto di Ofelia
Balletto Civile – Il sogno segreto di Ofelia

L’errore, probabilmente, starebbe nel considerare Il sogno segreto di Ofelia di Balletto Civile come un semplice prodotto di teatro-danza, quando invece la presenza del testo di Steven Berkoff è talmente importante da costituire un elemento a sé, che influenza del tutto il risultato. Il lavoro, certo, è sul corpo e sul movimento, ma la sfida diventa subito proiettare su questi due elementi la potenza narrativa dell’operazione dell’autore inglese.
Nella complessità della tragedia di Amleto, l’affare amoroso con Ofelia opera un attraversamento fugace. Il collasso di quella passione viene narrato dal Bardo come una delle molteplici occasioni di sconfitta in cui prende forma la corruzione degli animi dei vari personaggi; a differenza di altri drammi, qui il fuoco dell’amore non trova spazio, sopravvive come fiamma già destinata a estinguersi, è un’arteria che la trama attraversa, ma non è lì che avviene l’infarto. La tragedia è altrove, eppure è lì che va a sublimarsi. La morte cui Ofelia condanna se stessa è l’ultima finezza che la maledizione portata da quel “marcio” riserva alle proprie vittime. Berkoff, con straordinario spirito poetico e il gusto torbido di un voyeur, fotografa quell’attraversamento; immagina l’incontrarsi degli sguardi e, soprattutto, l’intrecciarsi dei desideri.
Nelle 39 lettere della loro corrispondenza, usate qui come piccoli monologhi, i due personaggi conservano il linguaggio lirico e arcaico, che se da un lato è proprio dell’epoca narrata, dall’altro appare qui come uno sberleffo ai versi shakespeariani. Il divertissement drammaturgico si realizza quando, tra una dichiarazione e un appuntamento segreto, vengono citati avvenimenti e resoconti di cui riconosciamo a memoria la sorte. Il risultato è un poemetto epistolare che, in una esplosione di lirica (benché la traduzione desti più di una perplessità) restituisce tutto quel tormento oscuro che è l’appassire delle passioni nell’animo di Amleto.

Michela Lucenti e Maurizio Camilli mettono a punto una “scrittura fisica” non del tutto vincente. Il testo, come accade in altri lavori di Berkoff, offre più di uno spunto erotico, ma di quell’erotismo che, grazie anche a una buona dose di ironia, scende gli scalini stilnovisti in un viaggio verso i bassifondi degli impulsi, verso l’elettricità frenetica e il brivido animale. Resta, sì, gioco intellettuale, ma la direzione sarebbe quella di una sottilissima pornografia, un’allusività che sa divertirsi. Il disegno luci, declinato sui toni del viola, dell’azzurro e dell’ambra ammorbidisce troppo il contesto lirico, scambiando l’onirico per melenso. L’opportunità di rendere carnale quella sotterranea bassezza dei versi è ben colta dai due interpreti nella parte iniziale, in cui un gioco sonoro sullo schianto di assi di legno sfrutta con successo il contrasto con la musica eterea. I corpi si districano bene dalla trappola di quelle luci troppo gelatinose e conquistano lo spazio trovando, qua e là, ottime intuizioni, specialmente dove cercano il contatto violento, la dinamica di attrazione-repulsione, meno quando accennano al tentativo ironico senza mai sceglierlo con il dovuto coraggio. Tuttavia è il ritmo che non riesce davvero ad assestarsi.

Nonostante l’ottima essenzialità della scena, il cui fondale sono pelli d’animale tese allo spasimo e dove a marcare un letto sono freddi tubi innocenti, la pericolosa struttura epistolare chiama una soluzione più originale, più di rottura, rendendo insufficiente la scelta, pur buona, di parlarsi solo attraverso i microfoni che pendono dal soffitto. Il movimento raggiunge più di un picco di espressività e scivola bene sulle corde oniriche, disegnando a gesti il mondo inesistente in cui le due anime sentono, attraverso crudeli premonizioni, che tutto sta per sgretolarsi. Eppure manca, a questa danza, la stretta allo stomaco propria del primo appuntamento, la piccola disperazione di una masturbazione privata; persa in certe calligrafie, la potenza dei due interpreti non riesce del tutto a dedicarsi al corpo delle parole. Complice di questo limite è forse la separazione rigorosa di pubblico e performer, che amplifica ulteriormente quel senso di freddezza, quando l’evoluzione del testo avrebbe invece suggerito un “raffreddamento”, possibile però soltanto a patto di creare prima un ambiente incandescente.

Sergio Lo Gatto

L’amore segreto di Ofelia
di Steven Berkoff
ideazione scrittura fisica e messa in scena Michela Lucenti e Maurizio Camilli
in scena Michela Lucenti e Maurizio Camilli
disegno luci Pasquale Mari
scene Alberto Favretto
una produzione Balletto Civile /Fondazione Teatro Due/ Pierfrancesco Pisani

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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