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In Piazza d’Italia di Baliani il romanzo di Tabucchi si perde nel tempo di un lungo e noioso racconto

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Piazza d'Italia di Marco Baliani - foto di Serafino Amato
Piazza d’Italia di Marco Baliani – foto di Serafino Amato

Ci si aspettava molto da questo Piazza d’Italia: una produzione Teatro di Roma affidata a Marco Baliani, la progettazione di un percorso della memoria (chiamato Fratelli di storia che prevede un prossimo spettacolo, La Repubblica di un solo giorno), la volontà insomma di ritrovare i fili sparpagliati della nostra memoria storica attraverso le parole di un grande narratore come Antonio Tabucchi, la possibilità infine di far girare il lavoro nei due teatri di cintura (Tor Bella Monaca e Quarticciolo).  E infatti sfogliando adesso questo romanzo del 1973 di Tabucchi ci si trova di fronte a una narrazione popolare, storica e magica al contempo, fatta di un’estrema capacità di coinvolgere il lettore. Eppure tutto ciò è rimasto ben lontano dalla scena costruita da Marco Baliani al Teatro India, l’epopea della famiglia di Garibaldo, in scena fino al 28 febbraio, non convince per costruzione drammaturgica e resa recitativa, soffre di una lunghezza abnorme e di una totale mancanza di ironia.

Partiamo dal principio: creare un dramma, ovvero azione, da un romanzo. Questa sarebbe stata la scelta più logica, forse banale, ma a mio avviso imprescindibile. Trasformare insomma la narratività del romanzo nel linguaggio proprio della scena, sia beninteso per azione non intendo l’eterno movimento dei corpi negli spettacoli del teatro est-europeo (si prenda Nekrosius come esempio chiarificatore e popolare), ma neanche la semi- immobilità dei corpi degli attori di Piazza d’Italia che viaggiano a due marce: il movimento corale “a comando”, che segue un disegno preciso e dunque già svelato nel suo incipit, oppure l’immobilità totale durante i monologhi.

Piazza d'Italia di Marco Baliani - foto di Serafino Amato
Piazza d’Italia di Marco Baliani – foto di Serafino Amato

In effetti lo spettacolo non è altro che un intrecciarsi di soliloqui. Astutamente Baliani crea uno sfasamento temporale, all’inizio anche interessante, facendo narrare i personaggi al passato, creando così uno straniamento utile a non cadere in banali realismi. Ma attenzione, una volta scoperto il gioco, al pubblico non rimane nient’altro: gli attori si ripetono all’infinito nell’uso della voce, tutto è svelato, la recitazione (immagino, a questo punto, volutamente) è giocata su un tono narrativo quasi sempre concitato, quasi mai sporcata dal dialetto cosa che avviene solo per il personaggio di Apostolo Zeno dove infatti funziona.

La volontà insomma di Baliani di creare qualcosa che allontani da un facile neorealismo per affidare la scena a un linguaggio epico non è bastata, lo spettacolo non riesce quasi mai a coinvolgere lo spettatore, anche i momenti più tragici hanno qualcosa di posticcio, puzzano di finzione. Si salvano alcune scene come l’inizio, che poi è anche il finale, nel quale Garibaldo muore, ma è tutta la famiglia a barcollare con lui, oppure l’uccisione di Apostolo Zeno trasfigurata nel teatrino dei burattini, l’omicidio per mano delle squadracce fasciste diventa, in un linguaggio apparentemente infantile, più forte di qualunque narrazione.

Eppure Baliani, che tra l’altro è autore di spettacoli tutt’altro che noiosi, si guardi il bellissimo La Pelle ad esempio, doveva capire che affidando gran parte della comunicazione alla parola, sarebbe nato il bisogno di ricreare la parola stessa in un atto recitativo mai uguale a se stesso. Della storia raccontata da Tabucchi, che poi è la nostra Storia, fatta di poveracci che soffrono prima e dopo l’unità d’Italia, garibaldini, fascisti, e operai in sciopero brutalmente uccisi dallo Stato, non rimane che un lungo raccontare, avvenimenti lontani dal nostro presente, come in una vecchia cartolina ingiallita.

Andrea Pocosgnich
redazione@teatroecritica.net

In scena
fino al 28 febbraio 2010
Teatro India [vai al programma 2009/2010 del teatro India]
Roma

Leggi l’articolo di presentazione con trama e cast completi

Prossime date
Teatro Tor Bella Monaca (Roma): 2 – 4 marzo 2010
Teatro Biblioteca Quarticciolo (Roma): 5 – 7 Marzo 2010

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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